Tuesday 30 June 2015

Armanda Alves: un viaggio nei colori della terra, del rosso e dell'oro.

La pittura di Armanda Alves ci trascina al centro dei paesaggi angolani con la nuova esposizione temporanea.
Il cuore pulsante delle terra, i colori, le linee, gli elementi cardine del territorio in un'astrazione carica di comunicatività. Tra sperimentazione di nuove tecniche e pittura a dita, senza l'uso di pennelli: la possibilità di toccare l'Africa con mano.
Armanda è angolana e vive in Portogallo, è un'autodidatta.  La mostra è un viaggio nei colori della terra, del rosso, dell'oro.


















 - Qual è il suo rapporto con l'Angola?
L'Angola è la mia terra, la mia origine, la mia casa anche se vivo da molti anni in Portogallo; è lì che ho cominciato a dipingere 32 anni fa. Anche se ho trovato il mio stile solo 4 anni fa.
Sono rimasta con questi colori: marrone, rosso e oro. Ho iniziato a sperimentare e ho trovato la mia via di espressione, un po' per gioco, senza pensare troppo.


- Nella sua pittura ricorrono tipici elementi dell' Africa...
Sì, i colori della terra, il Baobab, elementi del paesaggio. La mia pittura, però, non vuole essere una "pittura africana" ma una "pittura del mondo". La ruota della vita simboleggia chiaramente il mutare e la ciclicità dell'esistenza, i pesci sono un alimento che unisce tutte le classi sociali, la cosmogonia e l'incrocio tra mondo terreno e mondo mistico sono linguaggi universali di comunicazione.




  - Uno dei quadri è un omaggio all'Italia: "Itàlia recebendo Angola".
L'Italia è stata il primo paese a riconoscere l'indipendenza dell'Angola oltre che il paese che ospita Expo. È un abbraccio tra le nostre bandiere, i nostri colori, su uno sfondo in cui sotto l'oro si intravede il verde, l'enorme ricchezza africana.

- Lei dipinge molto con le mani e ha sperimentato varie tecniche. Ce n'è una che preferisce?
Dipingere con le dita mi piace molto, mi dà un'idea di fluidità. La mia la definirei una tecnica mista, uso sia i pennelli sia le dita e altri strumenti.


  - Ci elencherebbe un colore, un sapore e un'immagine che lei lega all'Angola?
Il colore sicuramente quello della terra.
L'odore è quello della pioggia, o meglio quello della terra dopo la pioggia.
Un'immagine è quella che vedo dal finestrino dell'aereo quando atterro nel mio Paese.

Facebook page: https://www.facebook.com/armanda.alves.pintora?fref=ts






Friday 26 June 2015

Piccoli Musici Estensi e Orchestra Kapossoka: giovanissimi musicisti uniscono Italia e Angola in un progetto artistico, solidale e colorato


Sul palco dell’Angola sono arrivati, domenica 21 giugno, i Piccoli Musici Estensi di Varese, orchestra giovanile diretta dal violinista Carlo Taffuri, sostenuta dall’associazione ImmaginArte. Il maestro insegna alla scuola Suzuki, il cui principio è l’apprendimento musicale in età precoce.

http://www.associazioneimmaginarte.it/suzuki/index.php?option=com_content&view=article&id=43&Itemid=44

http://www.associazioneimmaginarte.it/suzuki/index.php?option=com_content&view=article&id=67%3Ainsegnanti&catid=4%3Aviolino&Itemid=26

Il maestro Taffuri è coinvolto nel progetto “Orchestra Kapossoka” di recupero ed educazione, attraverso la musica, di bambini in situazioni di difficoltà in zone rurali dell’Angola.






“Se dovesse scegliere un colore e un’immagine della sua esperienza in Angola quali sceglierebbe?”

Sceglierei quelli della bandiera. Il rosso, la grande passione che li anima e il nero, i grandi problemi che si trovano ad affrontare. Sono rimasto colpito dall’energia e dalla voglia di reagire che hanno, e ci stanno riuscendo.
Un’immagine che mi è rimasta nel cuore è quella dei ragazzi che mi abbracciano quando vado via
.”

“ Se hai un bel suono, hai cuore.”
“Che la musica renda migliore l’uomo, porti la pace, la gioia di vivere.”
Shinichi Suzuki
Piccoli Musici Estensi


Orchestra Kapossoka
http://expoangola.com/celebracao-do-dia-de-africa-ao-vivo-no-pavilhao-de-angola-na-expo-milano-2015/

Per approfondire il progetto dell'orchestra Kapossoka:
http://expoangola.com/dev/wp-content/uploads/Presentazione-Orchestra-Kapsoka-2015.pdf

Monday 22 June 2015

I sapori della tradizione angolana - Muamba de Galinha de Dendém


Oggi vi presentiamo un altro piatto della tradizione angolana: Muamba de galinha de Dendém.

Il muamba de galinha o di pollo è un classico della cucina angolana. Realizzato impiegando, oltre alla gallina, vari ingredienti che ne accentuano il gusto come cipolla, peperoncino, melanzana, okra e altro ancora, la muamba de galinha viene condita con il Dendém, la polpa del frutto della palma da cui si ricava l’olio e accompagnato dal Funje, la polenta di manioca.

Un piatto saporito e speziato che ci riporta, assaporandolo, nella terra e nei paesaggi e nei profumi dell’Angola.

Esiste un’altra versione, condita con la Ginguba, la crema di arachidi. Tutta da provare.
 

Ecco la ricetta e la preparazione del nostro chef Kitaba. Vi aspettiamo al nostro ristorante!
 

1 gallina (o 1 pollo) a pezzi
2 pomodori grandi
1 cipolla grande
2 bicchieri colmi di olio di palma
1 melanzana
Aglio tritato q.b.
0,5 kg di Okra
Peperoncino a gusto
Succo di limone
Olio di oliva o di semi q.b. (per il soffritto)
Sale q.b

 
      RICETTA  – MUAMBA DE GALINHA DE DENDÉM

-          Far soffriggere nell’olio la cipolla, il pomodoro e l’aglio

-          Soffriggere 10 minuti

-          Aggiungere al soffritto la gallina e i condimenti

-          Far cuocere 10-15 minuti

-          Aggiungere gli okra e la melanzana

-          Far cuocere finché il tutto non si addensa

 

 
       ACCOMPAGNAMENTO

-          Acqua fredda

-          Mettere sul fuoco una pentola con dell’acqua

-          Quando comincia l’ebollizione aggiungere una minima quantità d’acqua e cominciare subito a mescolare

-          Togliere la padella dal fuoco, continuare a mescolare e aggiungere altra farina

-          Formare un composto omogeneo

 

Friday 12 June 2015

“Seeds of Memory”: l’arte contemporanea fiorisce nel padiglione Angola

Il padiglione dell’Angola riserva un posto particolare all’arte contemporanea. Sei artisti angolani esibiranno i loro lavori attorno al tema “Seeds of Memory” con una mostra curata da Suzana Sousa.
Cominciando dal processo di riproduzione dei semi si vuole affrontare e analizzare il processo di riproduzione della cultura. Le sementi rappresentano, infatti, il punto di partenza dello sviluppo sociale, l’origine della memoria.


























Le opere di Francisco Vidal hanno aperto la serie. Dipingendo sui maceti, strumento simbolo della battaglia per l’indipendenza angolana , Vidal ne fa una reinterpretazione.

Ora in mostra alla Biennale di Venezia, il lavoro di Vidal riabilita la storia recente incarnando un ideale di liberazione e di confronto attorno al tema della guerra, ancora considerato tabù, proprio utilizzando il simbolo nazionale.

Il 5 giugno ha inaugurato la sua mostra Ana Silva. Nascita, memoria, fragilità, creazione si uniscono nel suo universo creativo.  Tessuti, metalli, perle, colori acrilici: un viaggio tra l'intimità dell'artista e la dimensione sociale e iconografica femminile.

Immagini personali e archetipi femminili, come la Pietà di Michelangelo, si fondono in una dimensione intima e delicata centrata sul corpo e sulla maternità.
La sovrapposizione di materiali rimanda a una generale idea di fragilità dell’uomo e allo stesso tempo all’intreccio di una memoria che diventa insieme ricordo collettivo.
 





Il giorno dell’inaugurazione si è tenuta una performance legata all’idea di maternità e di creazione. Portare qualcosa di nuovo al mondo e al tempo stesso connettersi con un realtà preesistente sono le idee che l’artista e la performer vogliono comunicare. Il video della performance sarà presente in sala fino alla fine di giugno.

L’opera di Ana Silva si connette in questo al tema del padiglione dell’Angola "Cibo e cultura: Educare per Innovare"  in modo poetico e sottile.





Le protagoniste femminile angolane sono  presenti  nel mondo dell’arte anche come curatrici. Ci interessava sapere di più sulla scena artistica dell’Angola e ne abbiamo parlato con Suzana Souza, che ha concepito “Seeds of Memory”.
È curatrice indipendente e autrice, nata a Luanda. Ha frequentato gli studi artistici a Lisbona e un corso di laurea in culture postcoloniali e politica globale a Londra. Ha curato esposizioni per il Jewish Museum a New York, a Luanda e a Lisbona al Museo Berardo.
Al momento è coinvolta in un progetto di un collettivo culturale “Pés Descalços” con un gruppo di intellettuali indipendenti angolani.


  • Come mi potresti descrivere la scena dell’arte contemporanea in Luanda attualmente? 
La prima Triennale si è tenuta a Luanda nel 2007, ha avuto un grande impatto sulla scena artistica, ha praticamente cambiato il paesaggio culturale della città, con artisti come Kiluanje Kia Henda, uscito proprio dal movimento della Triennale. Penso che viviamo un grande momento per l’arte in Angola. Non abbiamo molti mezzi ma ci sono degli artisti veramente bravi. Fuori dall’Angola si parla molto di loro però a Luanda mancano ancora musei e gallerie; allo stesso tempo c’è un movimento molto interessante, con persone che hanno idee e domande stimolanti. Per me sono interessanti le domande, non abbiamo delle risposte, stiamo ancora nel processo di formulare le domande. Per esempio il lavoro di Francisco Vidal è qualcosa di molto fresco e nuovo in Angola.

  • Qual è il rapporto di genere nella scena artistica? Guardando nella rete sembra che ci siano più rappresentanti uomini, come artisti ma anche come curatori.

In Angola ci sono proprio pochi curatori. Ci sono pochi uomini e penso un po’ meno donne, oltre me, direi che anche Paula Nascimento è una curatrice angolana.
Si è aperto un dibattito a Luanda, per sapere come mai ci sono molto meno donne rispetto a uomini artisti. La mia impressione è che ci sia molto da fare con il nostro apprendistato. La nostra prima scuola di arte è stata aperta quest’anno. Quindi la maggior parte degli artisti si è formata in Occidente o qui in un contesto privato maestro - studente e la maggior parte dei maestri prendono solo studenti maschi. Non lo diranno apertamente, però creano difficoltà di accesso per le donne. Esiste un’artista, Marcela Costa, che fa formazione artistica alle donne, proviene però dall’artigianato e le sue allieve restano spesso tagliate fuori dal mondo dell’arte contemporanea.

Wednesday 3 June 2015

Scopriamo il Calulu: il piatto della festa

Oggi parliamo di un piatto della tradizione angolana: il Calulu di pesce secco e fresco.

Intere famiglie si riuniscono attorno al Calulu il sabato, il giorno della festa. È un rito, un simbolo della cultura locale, un messaggio di benvenuto. 
L'invito si allarga nel giro di poche ore dai familiari stretti, alla famiglia allargata, agli amici; ciascuno porta qualcosa da accompagnare al Calulu e un rito familiare si trasforma in una grande festa che dura fino a notte fonda nel giardino di casa.
Ma cosa c'é dentro a questo Calulu?
È una sorta di bandiera nazionale: pesce, polpa di den dem (il frutto della palma da cui si ricava l'olio) jimboa, funji (polenta), peperoncino...Un piatto molto colorato e aromatico, il cui profumo si sparge per tutta la casa accompagnato da vino e Kissangua, una bevanda a base di cocco e ananas.
Ecco la lista degli ingredienti:

- 400 gr di pesce secco ammollato e tagliato a pezzi
- 400 gr di pesce fresco tagliato in tranci
- 4 pomodori grandi
- 400 gr di okra
- 1 cipolla grande
- 2 melanzane
- foglie di spinaci
- aglio q.b.
- 1 po' d'acqua per far seccare il calulu
- peperoncino a gusto
- sale q.b.
- polpa di den dem
- farina di manioca

Abbiamo sostiutio la jimboa con gli spinaci , il pesce secco è il Bagre, un pesce di fiume.

Ecco la preparazione dello chef Kitaba, seguite i passaggi, cucinate anche voi il vostro Calulu e costruite il vostro rito d'incontro familiare.

- Disporre gli ingredienti a strati, intercambiandoli, aggiungendo per ultimo l' olio di palma e l'acqua
- Far cuocere 20/30 minuti
- Accompagnamento: FUNJI (acqua fredda - farina di granturco bianco)
- Diluire la farina con dell'acqua a temperatura ambiente
- Inserire questo composto nella pentola nell'acqua calda e mescolare fino a consistenza desiderata




Abbiamo chiesto a diverse persone dello staff e ognuno ha una versione diversa dell'origine della parola Calulu. Chi dice provenga da una citta del Sud dell'Angola, chi dalla foglia di jimboa; anche la ricetta varia, dalla foglia di jimboa a quella di patata dolce preferita nel sud del Paese.
La storia del Calulu si arricchisce di elementi diversi, un po' come succede agli invitati del pranzo di famiglia.
Inizialmente il piatto si preparava solo con il pesce essiccato. Man mano che la ricetta si sposta verso il mare si arricchisce di pesce fresco: Cernia e Garopa, pesce bianco e grasso.
Nelle citta si arricchisce di verdure: melanzane, okra, spinaci...
Ora nuove versioni del Calulu sono preparate col Baccalà essiccato al posto del Bagre e altre verdure, per esemio zucchine. Sperimentate!
Il nostro Chef lo ha preparato negli studi Rai del CooKing Show e andra presto in onda su Rai3, stay tuned!